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Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU)

Sentenze

Sono inseriti in questa sezione elenchi delle sentenze emanate nei confronti dell'Italia, disposte in ordine cronologico ed inserite periodicamente in seguito alla loro emanazione. Il contenuto delle sentenze è illustrato con una breve massima e vi è un link sia alla sintesi predisposta dall'Avvocatura, sia al testo ufficiale della sentenza contenuto nel sito della Corte, nella lingua in cui è redatto

  • Sentenza del: 13/05/2014

    N° ricorso: 45869/08 47348/08

    Marino e Colacione - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia prende le mosse dai giudizi intentati da alcuni lavoratori appartenenti al personale scolastico ATA, volti ad ottenere il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso gli enti locali prima che, con la legge 124 del 1999, venisse disposto il loro trasferimento alle dipendenze dello Stato, nella specie del Ministero dell'Istruzione. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica dell'art. 8 della legge 124 del 1999, in forza della quale l'inquadramento del personale ATA nei ruoli statali sarebbe dovuto avvenire sulla base del trattamento salariale complessivo al momento del trasferimento, senza considerare la pregressa anzianità di servizio maturata. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale.

  • Sentenza del: 13/05/2014

    N° ricorso: 18166/09


    Peduzzi e Arrighi - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia prende le mosse dai giudizi intentati da alcuni lavoratori appartenenti al personale scolastico ATA, volti ad ottenere il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso gli enti locali prima che, con la legge 124 del 1999, venisse disposto il loro trasferimento alle dipendenze dello Stato, nella specie del Ministero dell'Istruzione. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica dell'art. 8 della legge 124 del 1999, in forza della quale l'inquadramento del personale ATA nei ruoli statali sarebbe dovuto avvenire sulla base del trattamento salariale complessivo al momento del trasferimento, senza considerare la pregressa anzianità di servizio maturata. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale.

  • Sentenza del: 22/04/2014

    N° ricorso: 73869/10

    G.C. - in materia di condizioni di detenzione. La causa prende le mosse dal ricorso presentato da un detenuto che lamentava di non aver ricevuto cure adatte al suo stato di salute durante la sua permanenza in carcere. La Corte ha constatato che il ritardo nell'apprestare cure e trattamenti adeguati alla patologia di cui soffriva il ricorrente ha posto quest'ultimo in una situazione tale da suscitare in lui dei sentimenti costanti di angoscia, inferiorità e umiliazione sufficientemente forti da costituire un trattamento degradante ai sensi dell'art. 3 della Convenzione. Pertanto ha dichiarato sussistente la violazione dell'art. 3 CEDU.

  • Sentenza del: 15/04/2014

    N° ricorso: 21838/10 21849/10 21852/10 21855/10 21860/10 21863/10 21869/10 21870/10

    Stefanetti e altri - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia è relativa ad alcune cause intentate da cittadini italiani, i quali avevano chiesto che il trattamento pensionistico ad essi spettante per gli anni di lavoro prestati in Svizzera fosse calcolato sulla base della retribuzione effettiva percepita, conformemente alla Convenzione Italo-Svizzera del 1962 ed alla giurisprudenza consolidata.

    Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica, che recepiva il criterio di calcolo, meno favorevole per i ricorrenti, adottato dall'INPS. La Corte - dopo aver ricordato che il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo consacrati dall'art. 6 si oppongono ad ogni ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia al fine di influire sulla conclusione giudiziaria di una lite - ha constatato la violazione da parte dello Stato italiano del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, essendo esso intervenuto con una norma ad hoc al fine di assicurarsi un esito favorevole nei giudizi in cui era convenuto. I giudici di Strasburgo hanno altresì dichiarato la violazione dell'art. 1, Prot. n. 1, CEDU, per avere i ricorrenti subito un onere eccessivo e sproporzionato.

  • Sentenza del: 08/04/2014

    N° ricorso: 17120/09

    Dhahbi - in materia di diritto ad un processo equo. Il ricorrente, un cittadino tunisino residente in Italia, aveva adito il Tribunale di Marsala al fine di veder riconosciuto il proprio diritto all'assegno per nucleo familiare. La domanda era fondata sulla circostanza che, sebbene il Dhabi non fosse di nazionalità italiana, come richiesto dalla legge n. 448 del 1998 per la concessione del suddetto assegno, egli aveva diritto al riconoscimento dell'assegno familiare in virtù dell'accordo euro-mediterraneo ratificato dall'Italia con legge n. 35 del 1997. Sia in appello che nel successivo giudizio di Cassazione il ricorrente aveva altresì chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'UE, al fine di accertare se l'art. 65 dell'accordo euro-mediterraneo riconoscesse a un lavoratore tunisino il diritto all'assegno familiare di cui alla legge n. 448 del 1998. Il ricorrente ha quindi adito al Corte EDU lamentando come la Cassazione non avesse esaminato la sua richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE. La Corte ha constatato la violazione dell'art. 6 CEDU, relativo al diritto ad un processo equo, per on avere la Cassazione motivato il suo rifiuto a sollevare la questione pregiudiziale richiesta dal ricorrente. La Corte ha altresì constatato la violazione dell'art. 14, in combinato disposto con l'art. 8 CEDU, avendo ritenuto che non vi fosse alcuna giustificazione obiettiva e razionale, anche tenendo conto dell'ampio margine di discrezionalità di cui godono gli Stati in materia, alla esclusione dal godimento di alcuni benefici fondata unicamente sulla nazionalità.

  • Sentenza del: 25/03/2014

    N° ricorso: 3601/08, 3615/08, 3645/08, 3705/08, 3708/08, 5340/08, 5345/08, 6628/08, 6642/08

    Biasucci e altri - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia prende le mosse dai giudizi intentati da alcuni lavoratori appartenenti al personale scolastico ATA, volti ad ottenere il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso gli enti locali prima che, con la legge 124 del 1999, venisse disposto il loro trasferimento alle dipendenze dello Stato, nella specie del Ministero dell'Istruzione. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica dell'art. 8 della legge 124 del 1999, in forza della quale l'inquadramento del personale ATA nei ruoli statali sarebbe dovuto avvenire sulla base del trattamento salariale complessivo al momento del trasferimento, senza considerare la pregressa anzianità di servizio maturata. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale.

  • Sentenza del: 04/03/2014

    N° ricorso: 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10, 18698/10

    Grande Stevens e altri - in materia di ne bis in idem. Il caso prende le mosse dal procedimento avviato dalla Consob nei confronti dei ricorrenti per aggiotaggio finanziario, conclusosi con l'irrogazione nei confronti dei medesimi di sanzioni amministrative di notevole entità, oltre alla interdizione ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo di società quotate in borsa. Nelle more del procedimento civile, i ricorrenti vennero rinviati a giudizio per gli stessi fatti. Dopo il deposito in cancelleria della sentenza di rigetto del ricorso per cassazione proposto avverso la condanna inflitta dalla CONSOB i ricorrenti, invocando il principio del ne bis in idem, chiesero l'abbandono delle azioni penali nei loro confronti. La corte d'appello, nel confermare la condanna dei ricorrenti per il reato ad essi ascritto, escluse la violazione del principio del ne bis in idem. Essi hanno quindi adito la Corte EDU lamentando l'iniquità del procedimento dinanzi alla CONSOB, nonché la mancanza di imparzialità e indipendenza di tale organo. Sotto tale profilo la Corte ha ritenuto che, anche se il procedimento dinanzi alla CONSOB non ha soddisfatto le esigenze di equità e di imparzialità oggettiva dall'articolo 6 della Convenzione, i ricorrenti hanno comunque beneficiato del successivo controllo da parte di un organo indipendente e imparziale dotato di piena giurisdizione, ovvero la Corte d'appello di Torino. Tuttavia, quest'ultima non ha tenuto un'udienza pubblica, circostanza che, nel caso di specie, ha costituito una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. Quanto alla doglianza relativa alla violazione del principio del ne bis in idem, per avere i ricorrenti subito una sanzione penale all'esito del procedimento dinanzi alla CONSOB e per essere stati oggetto di un'azione penale per gli stessi fatti, la Corte ha constatato la violazione dell'art. 4, Prot. n. 7, CEDU.

  • Sentenza del: 11/02/2014

    N° ricorso: 7509/08

    Contrada n. 2 - in materia di condizioni di detenzione. Il ricorrente stava scontando la pena di dieci anni di reclusione inflittagli a seguito della condanna per concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Invocando l'articolo 3 della Convenzione, il ricorrente ha adito la Corte EDU lamentando che, in considerazione della sua età e del suo stato di salute, i ripetuti rigetti, da parte del magistrato e del tribunale di sorveglianza, delle sue istanze di differimento dell'esecuzione della pena o di ammissione al regime degli arresti domiciliare abbiano costituito un trattamento inumano e degradante.

    La Corte, tenuto conto dei certificati medici in possesso delle autorità, del tempo trascorso prima dell'ammissione alla detenzione domiciliare e dei motivi alla base delle decisioni di rigetto delle istanze di differimento dell'esecuzione della pena o di ammissione al regime della detenzione domiciliare, ha concluso che il mantenimento in stato detentivo del ricorrente era incompatibile con il divieto di trattamenti inumani e degradanti stabilito dall'articolo 3 della Convenzione.

  • Sentenza del: 04/02/2014

    N° ricorso: 6015/05

    Pagnozzi - in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'art. 1 Prot. n. 1 CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica.

  • Sentenza del: 04/02/2014

    N° ricorso: 33312/03

    Benenati e Scillamà - in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'art. 1 Prot. n. 1 CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica.

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