Sono inseriti in questa sezione elenchi delle sentenze emanate nei confronti dell'Italia, disposte in ordine cronologico ed inserite periodicamente in seguito alla loro emanazione. Il contenuto delle sentenze è illustrato con una breve massima e vi è un link sia alla sintesi predisposta dall'Avvocatura, sia al testo ufficiale della sentenza contenuto nel sito della Corte, nella lingua in cui è redatto
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Sentenza del: 01/07/2014
N° ricorso: 36629/10
Saba - in materia di trattamenti disumani e degradanti. Il caso prende le mosse dalla denuncia presentata dal sig. Saba, insieme ad altri detenuti, nei confronti di alcuni agenti penitenziari per atti di violenza commessi all'interno del carcere di Sassari. Alla denunzia era seguito un procedimento penale conclusosi con dieci condanne per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Per i restanti imputati, i reati contestati di violenza privata e abuso d'ufficio caddero in prescrizione. Il ricorrente aveva quindi promosso ricorso alla Corte EDU, denunciando che i trattamenti subiti potevano essere ascritti alla tortura e lamentando che a causa della lentezza del procedimento giudiziario, i responsabili avevano beneficiato della prescrizione quale causa estintiva del reato.
La Corte ha constatato la violazione dell'art. 3 CEDU, relativo alla proibizione della tortura, sotto i profili sia sostanziale sia procedurale.Sotto il primo aspetto, la Corte ha ritenuto che il trattamento cui il ricorrente era stato sottoposto lo aveva avvilito e umiliato, in un contesto di forte tensione emotiva, in cui i detenuti potevano legittimamente temere per la loro sorte. Il ricorrente ha dovuto provare sentimenti di paura, angoscia e inferiorità. Di qui la constatazione che l'incidente in questione fosse qualificabile come un trattamento degradante, vietato in quanto tale dall'articolo 3 della Convenzione. Sotto l'aspetto procedurale la Corte ha ritenuto che l'impegno delle autorità nazionali volto a reprimere la violazione del diritto sancito dall'art. 3 non potessero dirsi soddisfacenti in ragione del carattere lento e macchinoso delle procedure, che si sono poste in contrasto con i criteri di un'inchiesta approfondita ed effettiva.
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Sentenza del: 24/06/2014
N° ricorso: 54425/08, 58361/08, 58464/08, 60505/08, 60524/08, 61827/08
Cataldo e altri - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia è relativa ad alcune cause intentate da cittadini italiani, i quali avevano chiesto che il trattamento pensionistico ad essi spettante per gli anni di lavoro prestati in Svizzera fosse calcolato sulla base della retribuzione effettiva percepita, conformemente alla Convenzione Italo-Svizzera del 1962 ed alla giurisprudenza consolidata. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica, che recepiva il criterio di calcolo, meno favorevole per i ricorrenti, adottato dall'INPS. La Corte, richiamando quanto da essa statuito nella analoga pronuncia Maggio e altri c. Italia, ha constatato la violazione da parte dello Stato italiano del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU.
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Sentenza del: 24/06/2014
N° ricorso: 48357/07, 52677/07, 52687/07, 52701/07
Azienda Agricola Silverfunghi S.A.S. - in materia di diritto ad un processo equo, sotto il profilo della ingerenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia. Negli anni ottanta il legislatore italiano approvò delle leggi che fornivano alle aziende agricole, mediante fiscalizzazioni e sgravi contributivi, una duplice riduzione dei contributi previdenziali che esse versavano per i propri dipendenti. Nel luglio 1988 l'INPS emise una circolare in cui dichiarava che le fiscalizzazioni e gli sgravi contributivi erano alternativi e non cumulativi. Le ricorrenti, quattro società agricole, agirono in giudizio contro l'INPS nel 2000 e nel 2002. In primo grado e in appello i giudici si pronunciarono a favore delle società, ritenendo che i due benefici fossero cumulativi. Tuttavia nel novembre 2003 il legislatore italiano approvò la legge n. 326 che stabiliva espressamente che le fiscalizzazioni e gli sgravi contributivi erano alternativi e non cumulativi. Successivamente, l'INPS propose ricorso alla Corte di Cassazione, che accolse i ricorsi sulla base della legge n. 326. Le società ricorrenti hanno quindi adito la Corte EDU lamentando che la legge n. 326 ha costituito un'ingerenza legislativa nei procedimenti giudiziari in violazione del loro diritto a un equo processo. La Corte ha dichiarato sussistente la violazione dell'art. 6 CEDU, relativo al diritto ad un processo equo, in quanto, nel caso in esame, la legge n. 326 ha avuto un impatto decisivo sull'esito di un giudizio pendente e non vi erano motivi imperativi di interesse pubblico per la sua applicazione retroattiva.La Corte ha invece dichiarato non sussistente la violazione dell'art. 1, Prot. n. 1, CEDU, avendo ritenuto che la scelta del legislatore si fosse conformata al requisito di legittimità previsto dall'articolo 1 del Protocollo n. 1, e che la misura contestata non aveva imposto un onere eccessivo alle società ricorrenti.
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Sentenza del: 24/06/2014
N° ricorso: 3429/09 3430/09 3431/09 3432/09, 3992/09, 4100/09, 11561/09, 15609/09, 15637/09, 15649/09, 15761/09, 15783/09, 17111/09, 17371/09, 17374/09, 17378/09, 20787/09, 20799/09, 20830/09, 29007/09, 41408/09, 41422/09
Biraghi e altri - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia è relativa ad alcune cause intentate da cittadini italiani, i quali avevano chiesto che il trattamento pensionistico ad essi spettante per gli anni di lavoro prestati in Svizzera fosse calcolato sulla base della retribuzione effettiva percepita, conformemente alla Convenzione Italo-Svizzera del 1962 ed alla giurisprudenza consolidata. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica, che recepiva il criterio di calcolo, meno favorevole per i ricorrenti, adottato dall'INPS. La Corte, richiamando quanto da essa statuito nella analoga pronuncia Maggio e altri c. Italia, ha constatato la violazione da parte dello Stato italiano del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU.
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Sentenza del: 24/06/2014
N° ricorso: 15397/11
Alberti - in materia di divieto di trattamenti inumani o degradanti. Il caso prende le mosse dal procedimento penale aperto a seguito della denuncia del ricorrente, il quale lamentava di essere stato sottoposto a maltrattamenti in occasione del suo arresto. Tale procedimento venne archiviato su decisione del GIP. Il sig. Alberti ha quindi adito la Corte EDU lamentando di essere stato vittima di trattamenti inumani e degradanti da parte dei carabinieri che l'avevano arrestato. Egli lamentava altresì il fatto che le autorità nazionali sarebbero venute meno al loro obbligo di condurre un'indagine diligente, rapida ed indipendente quanto alla denuncia di maltrattamenti. La Corte ha constatato la violazione dell'art. 3 CEDU, sotto il profilo sostanziale, avendo ritenuto non giustificato l'uso della forza da parte dei carabinieri durante il periodo in cui il ricorrente era sotto il loro controllo. La Corte ha altresì ritenuto sussistente la violazione dell'art. 3 sotto il profilo procedurale, avendo ritenuto che l'inchiesta sui maltrattamenti denunciati dal ricorrente non è stata condotta con la necessaria diligenza. -
Sentenza del: 03/06/2014
N° ricorso: 2911/05
Rossi e Variale - in materia di espropriazione indiretta. Constata la violazione dell'art. 1 Prot. n. 1 CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché l'espropriazione indiretta si pone in contrasto con il principio di legalità, non assicurando un sufficiente grado di certezza giuridica.
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Sentenza del: 03/06/2014
N° ricorso: 1635/03, 22395/03, 22399/03, 22400/03, 22402/03, 22406/03
Salvatore e altri - in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata. -
Sentenza del: 27/05/2014
N° ricorso: 72964/10
Rumor - in materia di violenza domestica. Nel novembre 2008 la ricorrente era stata vittima di una violenta aggressione da parte del compagno, che l'aveva picchiata ripetutamente e sequestrata in casa. L'uomo era stato quindi arrestato e condannato alla pena della reclusione di tre anni. La ricorrente, invocando l'art. 3, da solo e in combinato disposto con l'art. 14 CEDU, ha lamentato l'inerzia delle autorità italiane, che non l'avrebbero protetta e sostenuta dopo l'aggressione subita, nonché l'inadeguatezza della legislazione nazionale in materia di violenza domestica, tale da determinare una discriminazione fondata sul sesso. La Corte ha dichiarato non sussistenti le violazione contestate, avendo ritenuto adeguato ed efficace il quadro normativo apprestato per la repressione e la prevenzione dei casi di violenza domestica.
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Sentenza del: 13/05/2014
N° ricorso: 61273/10
Caponetto - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia prende le mosse dai giudizi intentati da alcuni lavoratori appartenenti al personale scolastico ATA, volti ad ottenere il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso gli enti locali prima che, con la legge 124 del 1999, venisse disposto il loro trasferimento alle dipendenze dello Stato, nella specie del Ministero dell'Istruzione. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica dell'art. 8 della legge 124 del 1999, in forza della quale l'inquadramento del personale ATA nei ruoli statali sarebbe dovuto avvenire sulla base del trattamento salariale complessivo al momento del trasferimento, senza considerare la pregressa anzianità di servizio maturata. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale.
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Sentenza del: 13/05/2014
N° ricorso: 6069/09, 16797/09
Bordoni e altri - in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. La pronuncia prende le mosse dai giudizi intentati da alcuni lavoratori appartenenti al personale scolastico ATA, volti ad ottenere il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso gli enti locali prima che, con la legge 124 del 1999, venisse disposto il loro trasferimento alle dipendenze dello Stato, nella specie del Ministero dell'Istruzione. Nelle more dei giudizi, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica dell'art. 8 della legge 124 del 1999, in forza della quale l'inquadramento del personale ATA nei ruoli statali sarebbe dovuto avvenire sulla base del trattamento salariale complessivo al momento del trasferimento, senza considerare la pregressa anzianità di servizio maturata. La Corte ha constatato la violazione del diritto dei ricorrenti ad un processo equo, protetto dall'art. 6, par. 1 CEDU, poiché l'intervento legislativo, regolando definitivamente e con efficacia retroattiva la materia del contendere nei giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non era giustificato da gravi motivi di interesse generale.