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Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU)

Sentenze

Sono inseriti in questa sezione elenchi delle sentenze emanate nei confronti dell'Italia, disposte in ordine cronologico ed inserite periodicamente in seguito alla loro emanazione. Il contenuto delle sentenze è illustrato con una breve massima e vi è un link sia alla sintesi predisposta dall'Avvocatura, sia al testo ufficiale della sentenza contenuto nel sito della Corte, nella lingua in cui è redatto

  • Sentenza del: 19/01/2010

    N° ricorso: 10171/05 10601/05 11593/05 17165/05

    Hussun e altri - in materia di espulsione di stranieri. La Corte ha disposto la cancellazione dal ruolo dei ricorsi nn. 10171/05, 10601/05 e 11593/05 ; stante l'intervenuta perdita di contatti con i ricorrenti in questione, circostanza che rende impossibile alla Corte di approfondire gli elementi di fatto riguardanti la particolare situazione di ogni ricorrente. La Corte ha invece dichiarato che non vi è stata violazione dell'articolo 34 della Convenzione, per quanto riguarda il ricorso introdotto da Kamel Midawi (no 17165/05), non avendo riscontrato nella fattispecie alcun comportamento delle autorità interne volto ad impedire o a rendere inefficace l'introduzione del ricorso del medesimo ricorrente innanzi all

  • Sentenza del: 12/01/2010

    N° ricorso: 24421/03

    Mole - in materia di detenzione in regime di applicazione dell'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975. La sentenza segue il filone giurisprudenziale relativo alle limitazioni derivanti dalla sottoposizione al regime differenziato di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, ed in particolare alla sentenza Enea c. Italia della Grande Chambre del 17.9.2009. La Corte infatti, dopo aver respinto, perché manifestamente infondati, i motivi di ricorso relativi alla violazione degli artt. 3 e 8 CEDU, ha ribadito che la mancanza di qualsiasi decisione sul merito dei ricorsi promossi avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 41-bis della legge 354 del 1975, annullando l'effetto del controllo giurisdizionale sui provvedimenti medesimi, costituisce violazione del diritto ad un equo processo, sotto il profilo del diritto all'esame del merito dei ricorsi, tutelato dall'art. 6, comma 1, CEDU.

  • Sentenza del: 05/01/2010

    N° ricorso: 4514/07

    Bongiorno e altri - in materia di pubblicità dei processi di applicazione delle misure di prevenzione. L'art. 4, comma 6, della legge n. 1423 del 1956 in materia di misure di prevenzione - che si applica anche per le misure previste dalla successiva legge n. 575 del 1965 nei confronti di persone sospettate di far parte di associazioni criminose - prevede un procedimento in camera di consiglio. L'ordinanza che commina la misura è dunque assunta senza la possibilità per gli interessati di richiedere lo svolgimento di un'udienza pubblica. Adita dai ricorrenti - la cui domanda di pubblicità dell'udienza era stata respinta dalle autorità giudiziarie nazionali avevano respinto - la Corte ha constatato l'analogia del caso con vari precedenti (Bocellari e Rizza c. Italia, del 2007 e Pierre c. Italia del 2008) ha constatato la violazione dell'art. 6, comma 1, CEDU, relativo al diritto ad un processo equo, ritenendo essenziale che a coloro che sono soggetti ad un procedimento sanzionatorio sia offerta la possibilità di chiedere una pubblica udienza. La Corte ha ritenuto che la constatazione di violazione costituisse sufficiente riparazione sul piano morale; ha accordato ai ricorrenti la somma di 3.000 euro per le spese. (Questa pronunzia si segnala per la sua particolare importanza: la Corte costituzionale, con sentenza n. 93 del 2010, proprio richiamando quanto statuito in essa e nelle pronunce Bocellari e Rizza e Perre, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge n. 1423 del 1956 e dell'art. 2-ter della legge 575 del 1965, n. 575, nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione si svolga, davanti al tribunale e alla corte d'appello, nelle forme dell'udienza pubblica. La Corte costituzionale ha infatti ha ritenuto che le norme censurate violassero, in parte qua, l'art. 117, primo comma, Cost., con riferimento agli obblighi internazionali dello Stato italiano derivanti dalla adesione alla Convenzione).

  • Sentenza del: 22/12/2009

    N° ricorso: 58858/00

    Guiso-Gallisay in materia di criteri di calcolo dell'equa soddisfazione ex art. 41 CEDU nei casi di espropriazione indiretta. La Grande Chambre ha confermato il revirement della giurisprudenza inaugurato dalla sentenza del 21 ottobre 2008, con la quale la Corte aveva modificato il proprio orientamento in tema di calcolo del risarcimento dei danni da espropriazione indiretta finora seguito (consistente nel riconoscere alle vittime una somma pari al valore attuale del fondo espropriato aumentata del plusvalore apportato dalla costruzione delle opere), affermando che, al fine di valutare il pregiudizio subito, occorre prendere in considerazione la data a partire dalla quale gli interessati hanno avuto la certezza giuridica di aver perso i loro diritti di proprietà sul bene espropriato. Testo integrale

  • Sentenza del: 15/12/2009

    N° ricorso: 28634/06

    Maiorano ed altri in materia di diritto alla vita. Il ricorso prendeva le mosse dall'omicidio di due donne commesso da Angelo Izzo - già condannato all'ergastolo per la nota vicenda del "massacro del Circeo" - il quale all'epoca dei fatti si trovava in regime di semi-libertà. I ricorrenti, parenti stretti delle vittime, avevano presentato querela contro i magistrati delle procure di Campobasso e Bari per non aver costoro adottato le misure necessarie per proteggere la vita delle due donne uccise, nonostante fosse nota la pericolosità sociale di Izzo. Archiviato il procedimento penale a carico dei suddetti magistrati, i ricorrenti hanno proposto ricorso alla Corte EDU, adducendo che il beneficio della semi-libertà concessa ad Izzo, che ne aveva approfittato per commettere il duplice omicidio, aveva violato gli artt. 2, 5, 6 e 8 CEDU, relativi rispettivamente al diritto alla vita, al diritto alla libertà ed alla sicurezza, al diritto ad un processo equo ed al diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha ricordato che l'art. 2 CEDU impone agli Stati membri non solo di astenersi dal provocare la morte in modo intenzionale e illecito, ma anche di adottare tutte le misure necessarie alla protezione della vita delle persone sottoposte alla sua giurisdizione. In particolare, incombe sullo Stato l'obbligo di garantire una protezione generale della società contro gli eventuali comportamenti criminosi di individui condannati per crimini violenti. Nel caso di specie, è stato affermato che la decisione di concedere il regime di semilibertà ad un individuo come Angelo Izzo richiedeva una maggiore ponderazione, in considerazione della pericolosità sociale del soggetto, condannato in precedenza per delitti di eccezionale crudeltà. Inoltre, la Corte ha evidenziato che l'omessa comunicazione al giudice di sorveglianza della ripresa delle attività criminali di Izzo - della quale era venuto a conoscenza il procuratore di Campobasso - ha di fatto impedito di riesaminare la posizione del detenuto ai fini di una eventuale revoca del regime premiale. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso che vi è stata violazione dell'art. 2 CEDU, avendo lo Stato inadempiuto al dovere di diligenza che discende dalla medesima disposizione. La Corte ha ritenuto violato l'art. 2 anche sotto il profilo procedurale, non essendo stata interamente adempiuta l'obbligazione positiva dello Stato membro di stabilire le eventuali responsabilità dei suoi funzionari in questa vicenda.

  • Sentenza del: 08/12/2009

    N° ricorso: 8061/05

    Vacca in materia di espropriazione. La Corte, richiamando la propria copiosa giurisprudenza in materia, ha constatato la violazione dell'art. 1 Prot. n. 1 CEDU relativo alla protezione della proprietà, poiché nei casi di espropriazione per pubblica utilità solo il perseguimento di uno scopo legittimo può giustificare un'indennità notevolmente inferiore al valore commerciale del bene. Constata altresì la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un equo processo, sotto il profilo della iniquità della procedura per mancanza di un interesse generale tale da giustificare la retroattività della legge contenente i nuovi criteri di calcolo dell'indennizzo

  • Sentenza del: 08/12/2009

    N° ricorso: 71399/01

    Bortesi ed altri revisione della sentenza del 10 giugno 2008. Il Governo italiano aveva proposto istanza di revisione della sentenza del 10 giugno 2008 con la quale la Corte, in una causa relativa ad una procedura di espropriazione, aveva riconosciuto a favore dei ricorrenti la somma di 1.800.000,00 euro a titolo di risarcimento dei danni. In particolare il Governo chiedeva la revisione della suddetta pronuncia - nella parte in cui (par. 47) si dava conto del fatto che il Governo medesimo non aveva replicato alle pretese economiche di parte ricorrente (peraltro depositate tardivamente) - lamentando di non essere mai stato invitato a presentare proprie osservazioni al riguardo. Contestualmente, si chiedeva alla Corte di esaminare le osservazioni depositate in sede di istanza revisione. La Corte ha accolto la domanda del Governo, limitatamente alla richiesta di modificare il paragrafo 47 della suddetta sentenza, nella parte cui si dava erroneamente conto della mancata presentazione di osservazioni sulle richieste economiche formulate dai ricorrenti ex art. 41. In riferimento alla eccezione di inammissibilità dell'istanza di equa soddisfazione per tardività del deposito sollevata dal Governo, la Corte ha affermato che nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia, occorreva esaminare le domande di equa soddisfazione sebbene fossero state depositate presso la cancelleria oltre il termine prescritto

  • Sentenza del: 08/12/2009

    N° ricorso: 32550/03

    Gennari in materia di espropriazione. La Corte, richiamando la propria copiosa giurisprudenza in materia, ha constatato la violazione dell'art. 1 Prot. n. 1, poiché nei casi di espropriazione per pubblica utilità solo il perseguimento di uno specifico scopo legittimo può giustificare un'indennità notevolmente inferiore al valore commerciale del bene.

  • Sentenza del: 08/12/2009

    N° ricorso: 28987/04

    Miccichè e Guerrera materia di ragionevole durata dei processi. La Corte, richiamando la propria copiosa giurisprudenza in materia, ha constatato, limitatamente ad alcuni ricorrenti, la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata

  • Sentenza del: 01/12/2009

    N° ricorso: 43134/05

    G.N. ed altri in materia di diritto alla vita. Talune persone affette da talassemia erano state contagiate da sangue infetto loro trasfuso. Avevano contratto alcune il virus dell'immunodeficienza, altre l'epatite C. Tutte, tranne una, erano morte. L'unica sopravvissuta e gli eredi dei contagiati nel frattempo deceduti avevano pertanto chiesto ed ottenuto dal Ministero della Sanità l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 per le persone contagiate dal virus dell'HIV o dall'epatite in seguito a trasfusione di sangue. Successivamente, altre persone che avevano parimenti contratto tali virus a causa di trasfusioni di sangue infetto, avevano citato il Ministero della Sanità al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il giudizio cosiddetto "Emo Uno", nel corso del quale intervennero anche i suddetti ricorrenti, si era concluso con la conferma da parte della Cassazione della decisione della corte d'appello di respingere le domande risarcitorie. Tuttavia, nelle more del giudizio, il Ministero della Sanità aveva concluso con le persone affette da emofilia degli accordi transattivi, dai quali erano rimasti pertanto esclusi i ricorrenti. Questi, hanno quindi promosso ricorso davanti alla Corte EDU con il quale, invocando la violazione degli artt. 2, 8, 3, 6 par. 1, e 14 CEDU, relativi rispettivamente al diritto alla vita, al rispetto della vita privata e familiare, al divieto di trattamenti disumani o degradanti, al diritto ad un processo equo ed al divieto di discriminazioni, lamentavano la mancata esecuzione da parte del Servizio sanitario nazionale dei controlli necessari per prevenire le infezioni, le sofferenze psicologiche procurate dal contagio, nonché l'eccessiva durata del processo e il trattamento discriminatorio subito rispetto ad altre categorie di contagiati. La Corte ha dichiarato non sussistente la violazione dell'art. 2 CEDU, relativo al diritto alla vita, sotto il profilo della causazione diretta della morte dei cittadini interessati; infatti è stata esclusa altresì la violazione degli obblighi di protezione della vita, giacché la Corte non ha verificato omissioni di controlli da parte del Ministero della Sanità. Essa ha invece constatato la violazione degli obblighi procedurali discendenti dall'art. 2, avendo rilevato che le indagini giudiziarie sui contagi non avevano dato esiti tempestivi e soddisfacenti. La Corte ha altresì constatato la violazione dell'art. 14, in combinato disposto con l'art. 2 CEDU, riconoscendo che i ricorrenti affetti da talassemia avevano subito un trattamento discriminatorio rispetto agli emofiliaci che, invece, avevano potuto beneficiare dell'accordo transattivo proposto dal Ministero della Sanità. Infine, ai sensi dell'art. 41 CEDU, la Corte ha riconosciuto a ciascun ricorrente la somma di 39.000,00 euro a titolo di danno morale, oltre alla somma di 8.000,00 euro per oneri e spese, riservandosi invece sull'istanza di risarcimento del danno patrimoniale.

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