Sono inseriti in questa sezione elenchi delle sentenze emanate nei confronti dell'Italia, disposte in ordine cronologico ed inserite periodicamente in seguito alla loro emanazione. Il contenuto delle sentenze è illustrato con una breve massima e vi è un link sia alla sintesi predisposta dall'Avvocatura, sia al testo ufficiale della sentenza contenuto nel sito della Corte, nella lingua in cui è redatto
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Sentenza del: 24/04/2012
N° ricorso: 37197/03
Mezzapesa e Plati - in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata.
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Sentenza del: 24/04/2012
N° ricorso: 34383/02
De Ieso - in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata.
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Sentenza del: 10/04/2012
N° ricorso: 32075/09
Lorenzetti - in materia di pubblicità delle udienze. La Corte ha constatato la violazione dell'art. 6, par. 1 CEDU, relativo al diritto ad un processo equo sotto i profilo della pubblicità delle udienze, in relazione al procedimento per la riparazione dell'errore giudiziario, la cui decisione è adottata in camera di consiglio. La Corte ha affermato che, nei procedimenti aventi ad oggetto il riconoscimento di un indennizzo per l'ingiusta carcerazione preventiva, è essenziale che la parte abbia la possibilità di sollecitare lo svolgimento di un'udienza pubblica davanti alla corte d'appello.
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Sentenza del: 03/04/2012
N° ricorso: 28790/08
Francesco Sessa - in materia di libertà religiosa. La causa prende le mosse dal rifiuto opposto da un GIP alla richiesta avanzata dal legale del querelante di rinviare la data di un'udienza che cadeva nel giorno di una festività ebraica. Il GIP aveva rigettato tale richiesta evidenziando che, alle udienze per l'incidente probatorio, il codice di procedura penale richiede la partecipazione necessaria del pubblico ministero e dell'indagato, mentre del tutto eventuale è la presenza dell'avvocato del querelante.
Il ricorrente ha quindi promosso ricorso alla Corte EDU lamentando la violazione dell'art. 9 e dell'art 13, relativi, rispettivamente al diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, e al diritto ad un ricorso effettivo. La Corte ha affermato che nessuna restrizione al diritto del ricorrente ad esercitare la propria fede religiosa era derivata dalla decisione del GIP di fissare l'udienza nel giorno di una festività ebraica o di rifiutare il rinvio ad altra data. Pertanto è stata ritenuta non sussistente la violazione dell'art. 9 CEDU.
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Sentenza del: 27/03/2012
N° ricorso: 9961/10
Mannai - in materia di espulsione di stranieri. L'esecuzione di un ordine di espulsione di uno straniero verso il paese d'origine costituisce violazione dell'art. 3 quando vi sono circostanze serie e comprovate che depongono per un rischio reale che lo straniero possa subire in quel paese trattamenti inumani o degradanti.
L'inosservanza delle misure cautelari da parte di uno Stato contraente impedisce alla Corte di esaminare efficacemente il motivo di ricorso del ricorrente e, comunque, ostacola l'esercizio efficace del suo diritto, ciò anche nel caso in cui il ricorrente abbia potuto proseguire il giudizio davanti alla Corte. Alla luce di tali considerazioni, la mancata sospensione da parte del Governo italiano dell'espulsione, richiesta dalla Corte in virtù dell'art. 39 del Regolamento della stessa, costituisce violazione dell'art. 34 CEDU, relativo al diritto ad un ricorso individuale.
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Sentenza del: 06/03/2012
N° ricorso: 23563/07
Gagliano Giorgi - in materia di ragionevole durata del processo. In tale pronuncia la Corte ha dichiarato irricevibile il motivo di ricorso relativo alla eccessiva durata del processo penale a carico del ricorrente, avendo escluso l'esistenza di un pregiudizio rilevante - sotto il profilo del diritto ad un processo entro termini ragionevoli - perché l'intervenuta prescrizione del reato ha attenuato il danno che questi sosteneva di avere subito per la durata eccessiva del processo. La Corte ha invece constatato la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata della procedura di cui alla legge c.d. Pinto.
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Sentenza del: 23/02/2012
N° ricorso: 27765/09
Hirsi Jamaa e altri - in materia di respingimenti di stranieri. Il 6 maggio 2009 tre imbarcazioni che - dirette in Italia - portavano circa un centinaio di persone furono intercettate dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia costiera in acque internazionali (ma appartenenti alla zona di soccorso spettante a Malta). Gli occupanti delle imbarcazioni furono caricati su navi italiane e condotti fino a Tripoli e ivi costretti a scendere. Il ministro pro-tempore Maroni, in data 7 maggio in una conferenza stampa e poi nell'Assemblea del Senato il 25 dello stesso mese affermò che quell'operazione e ulteriori analoghe compiute dalle navi militari italiane rientravano nell'esecuzione del trattato italo-libico del 4 febbraio 2009 sul rimpatrio degli immigrati clandestini.
24 delle persone intercettate (11 somali e 13 eritrei) riuscirono a contattare esperti legali e successivamente a fare in modo che per loro conto fosse presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti, onde lamentare la violazione dei seguenti parametri convenzionali: l'art. 3, sul divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti; l'art. 13, sul diritto a un ricorso effettivo; l'art. 4 del Protocollo addizionale n. 4 sul divieto di deportazioni collettive.
La Corte europea - statuendo preliminarmente sulla sussistenza della propria giurisdizione ai sensi dell'art. 1 della Convenzione e dichiarando l'invalidità della procura ad litem per due soli dei ricorrenti - accoglie il ricorso sotto tutti e tre i profili. In particolare, la Corte edu ravvisa la violazione dell'art. 3 in ragione del fatto che l'Italia ha esposto gli intercettati in mare al pericolo sia di trattamenti inumani in Libia sia di rappresaglie ed esecuzioni in Somalia e in Eritrea. La Corte edu ravvisa poi la violazione dell'art. 4 del Protocollo addizionale n. 4, sul divieto di deportazioni collettive, in ragione della circostanza che le modalità esecutive del trasporto forzoso a Tripoli erano state tali da non consentire l'esame di ciascuna situazione individuale, con speciale riferimento alla possibilità di farsi identificare ed eventualmente di esporre le ragioni del viaggio e della eventuale domanda di asilo politico. Mancavano infatti a bordo delle navi italiane persone che sapessero le lingue o che fossero addestrate in materie giuridiche. Da ultimo, la Corte edu constata la violazione dell'art. 13 della Convenzione poiché rispetto alle predette chiare violazioni non era stato dato ai ricorrenti alcun tipo di rimedio giurisdizionale. La sentenza si rivela importante anche per i seguenti elementi: a) è la prima che condanna l'Italia per la violazione dell'art. 4 del Protocollo addizionale n. 4; b) tra gli elementi di fatto considerati nella fattispecie, include espressamente le discussioni in sede parlamentare; c) contempla come fonte del diritto rilevante per la giurisprudenza Cedu la Carta di Nizza, in particolare l'art. 19.
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Sentenza del: 14/02/2012
N° ricorso: 17972/07
Arras e altri -in materia di retroattività delle leggi di interpretazione autentica. Nel 1993, alcuni dipendenti del Banco di Napoli in pensione, avevano intentato una causa con l'istituto bancario circa l'interpretazione estensiva della Legge n. 503 del 1992 e della Legge n. 421 del 23 ottobre 1992. Essi avevano lamentato che in base a tali leggi il Banco di Napoli aveva tentato di sopprimere il sistema di perequazione aziendalecalcolato sulla base degli aumenti salariali dei dipendenti di pari grado in servizio, anche nei confronti delle persone che erano già in pensione, limitando la perequazionea un semplice aumento in base al costo della vita. Successivamente, il legislatore era intervenuto con una legge di interpretazione autentica, la n. 234 del 2004, in base alla quale i pensionati del Banco di Napoli non avrebbero potuto più avvalersi del sistema di perequazione aziendale a partire dal 1992. I ricorrenti avevano sostenuto che l'entrata in vigore della legge n. 243/04 aveva avuto il solo scopo di determinare l'esito dei giudizi e di rendere inutili ulteriori udienze, violando l'indipendenza del potere giudiziario e interferendo nell'amministrazione della giustizia. La Corte ha constatato la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, in quanto non vi era alcuna ragione di interesse generale tale da giustificare l'intervento legislativo ad effetto retroattivo, che ha determinato l'esito dei procedimenti pendenti.
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Sentenza del: 07/02/2012
N° ricorso: 2447/05
Cara Damiani - in materia di condizioni di detenzione. La pronuncia prende le mosse dal ricorso di un detenuto affetto da una malattia degenerativa, il quale, dapprima trasferito nell'istituto penitenziario di Parma, dotato di un'unità specifica per i disabili, era stato sistemato nella sezione dei detenuti comuni, dove era impossibile garantirgli i servizi e le infrastrutture necessari alla sua patologia ed effettuare la terapia adatta. Il ricorrente, invocando l'art. 3 CEDU, ha lamentato di aver subito un trattamento contrario alla Convenzione per essere stato mantenuto in carcere nonostante la gravità del suo stato di salute. La Corte ha constatato che il mantenimento nel carcere di Parma, in assenza delle cure di cui l'interessato aveva bisogno e nonostante il parere contrario dei medici, ha raggiunto la soglia minima di gravità tale da costituire un trattamento inumano e degradante, e pertanto ha dichiarato che vi è stata violazione dell'articolo 3 della Convenzione.
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Sentenza del: 31/01/2012
N° ricorso: 28433/03, 28434/03, 28442/03
Follo - in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'art. 6, par. 1, CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata.